QUANDO I FASCISTI DISTRUSSERO LA TARGA DI PIETRO GORI A RIO ELBA -
Dal dopo guerra ad oggi nessun sindaco ha pensato di istallare una nuova targa
pubblicato venerdì 9 febbraio 2018 alle ore 00:26:34
E il caso di fare qualche considerazione sull’ultimo pezzo scritto dall’ Ass.. Riccardo Nurra indirizzato a coloro che hanno contestato al comune l’avere tolto una piazza a Pietro Gori per dedicarla ad l’ex sindaco Giancarlo Ageno.
Ha ragione quando afferma che se pensano che il pensiero di Gori sia importante, anche per le nuove generazioni, dovrebbero fare qualcosa di concreto per coinvolgerle.
E’ certamente importante che un assessore si sia reso disponibile ad una eventuale collaborazione e chieda che vengano fatte delle proposte. Perché , allora, non trovare un altra piazza importante per Pietro Gori ; Sceglierla insieme: si metterebbe, in un solo colpo, una targa in una piazza e una pietra definitiva sopra a questa vicenda.
Altro punto sollevato da Nurra è che alcuni sindaci che , in passato, avrebbero potuto mettere una targa a Pietro Gori non lo hanno fatto. Come se Gori, per loro, non fosse mai esistito e fosse diventato importante solo adesso per la vicenda della piazza.
E fra questi ci sono due ex sindaci di Rio Elba dove, la targa c’era ma fu tolta dai fascisti.
Era al centro della facciata del palazzo che da sulla piazza principale, e durante il fascismo, arrivò l’ordine di toglierla e distruggerla, così come avvenne per quelle degli altri paesi.
A Portoferraio e a Capoliveri vennero tolte, ma nessuno ebbe il coraggio di spezzarle con una mazza. Questo avrebbe comportato di colpire il volto di Pietro Gori. Il difensore dei deboli dei lavoratori, un mito assoluto. Non ebbero il coraggio di farlo e furono ricoverate e poi rimesse al loro posto nel primo dopoguerra .
Ma a Rio Elba questo non fu possibile perché, una volta tolta dal muro e calata a terra, fu fatta a pezzi.
Ma la cosa non fu facile. Si racconta che, una vota che la targa fu posata terra, un gerarchetto locale indicò all‘operaio del comune la mazza appoggiata al muro. Lui la prese e si avvicino. La targa era molto grande e Pietro Gori vi era rappresentato a braccia aperte, come a simboleggiare un grande abbraccio, un gesto d’amore verso l’umanità. L’operaio indugiava e guardava verso il gruppo di riesi che stavano assistendo, come se chiedesse un incoraggiamento.
Poi arrivo l’urlo del gerarchetto
“Andamo che famo notte”
Allora si racconta che uno del gruppetto, a bassa voce, disse più o meno questo:
“ Il problema non è tanto romperla.Il problema ci sarà quando dovrà essere incollata rimessa al suo posto”.La targa alla fine fu fatta a pezzi e poi, con una carretto da muratore, gettata in una specie di magazzino abbandonato di fronte alla Chiesa.
Passò qualche anno e fu poi triturata gettata, come se fosse del ghiaino, nel cortile al lato della chiesa dove c’era l’asilo e dove giocavano i bimbi. Forse ancora oggi, dopo 80 anni, in quel cortile ci sarà ancora qualche passettino di marmo bianco
A Ragione Nurra. Peccato che questo oltraggio non sia stato lavato dai due sindaci di Rio che sono intervenuti a difesa di Pietro Gori. Ma non è poi così sorprendente. Dopo tutto, i Comunisti non hanno mai sopporto gli anarchici. Ma può anche darsi che, dopo le lezioni drammatiche avute dalla storia, abbiano capito come il messaggio di fratellanza e di libertà di Pietro Gori sia più importante della la realizzazione della dittatura del proletariato.
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